Alcune settimane fa (12 dicembre 2014) e’ scomparso Davide Santorsola, uno fra i piu’ validi e rappresentativi pianisti della scena jazzistica italiana. Ha composto musiche di impagabile bellezza e complessita’ e ha collaborato con le piu’ grandi Star del mondo in rassegne internazionali di primaria rilevanza. La sua anima si liberava visibilmente ad ogni interpretazione in una poesia disarmante. Il suo rapporto con gli altri era democratico, reciproco, mai sterile. Il jazz per lui era tutto questo, assieme a liberta’, costruzione, sperimentazione, lungimiranza, rischio. Si capisce perche’ Bill Evans era uno dei suoi riferimenti. Lo conobbi nel 2004 quando, casualmente partecipai al corso sulla Storia del Jazz che egli teneva presso il Politecnico di Bari. In quell’anno diventammo poco piu’ che amici, conoscenti direi, ma da allora ho cercato di seguirlo nei suoi concerti ogni volta che mi e’ stato possibile. “Sfruttando” la sua disponibilita’ e il suo amore per la musica riuscii a convincerlo a ripetere lo stesso progetto (in edizione ridotta) anche a Capurso. Desideravo fortemente che piu’ persone, appassionate come me, lo potessero conoscere, apprezzarne le doti ed appropriarsi di un minimo delle sue infinite conoscenze storico-musicali. Con la collaborazione dell’associazione Porta del Lago-Multiculurita, nella persona di Michele Laricchia, riuscimmo a far si che Davide tenesse una serie di lezioni settimanali durante tutto il mese di maggio 2005. Il programma spaziava dai “campi di lavoro” degli schiavi africani fino alla Swing-Era dei primi anni del Novecento (1935 circa). Ci appoggiammo alla sede di Palazzo Venisti sostenendo un costo di iscrizione irrisorio, giusto per compensare, almeno in parte, le spese vive che il Maestro sosteneva (come il tragitto da Trani a Capurso, le fotocopie e i cd sui quali registrava i brani in mp3, relativi ai temi trattati). Ricordo che, scherzando, mi ripeteva spesso: “se dovessi farvi pagare in base al mio reale cachet, a questo seminario, forse, non parteciperebbe nessuno!”. Inutile dire che fu un’esperienza ricca e interessantissima per tutti. Qello stesso anno, la sera del 7 luglio, nell’ambito del consueto Summer Jazz Festival, tenne un mirabile concerto in “piano solo”. E naturalmente, anche coloro che lo trovavano un po’ “ermetico” rimasero colpiti dalla sua straordinaria capacita’ di coniugare tecnica ed espressivita’. La sua vita e’ continuata cosi’, tra conservatori, concerti e sale d’incisione. Ha registrato quasi 20 album (come leader o collaboratore), ha prodotto, fra l’altro, trattati sull’armonizzazione e curato alcune traduzioni importanti. Fino a poco prima della malattia la sua attivita’, oltre che in Italia, si e’ svolta prevalentemente in Giappone e Medio Oriente, dopo aver incontrato il contrabbassista Kiyoto Fujiwara. L’ho salutato, per l’ultima volta, alla Vallisa, nel pomeriggio del 6 giugno scorso, durante un convegno nell’ambito di Puglia in Jazz 2014. Si era appena ripreso e indossava un cappellino che lo rendeva quasi irriconoscibile agli occhi di chi era abituato alla sua testa, riccioluta e disordinata. In quell’occasione erano con lui Ugo Sbisa’ e Roberto Ottaviano ed assieme risposero, chiarissimamente, ad alcune mie domande sul tema del Jazz in Puglia. Non voglio soffermarmi oltre nell’analisi della storia e del suo curriculum artistico perche’ basta aprire una pagina qualunque a lui dedicata nella “rete” per restare colpiti dalla prolifica attivita’. Mi sembra invece giusto e doveroso ricordare un grande uomo, un grande musicista che, aldila’ del personaggio, ha vissuto la musica anche come impegno sociale. Cosi come tutti noi, appassionati di jazz, vorremmo che fosse, sempre.
Addio Davide.
Mario Boezio
m.boezio@tiscali.it